Mano per mano con l'ostetrica

Interruzione volontaria di gravidanza (Ivg): croce e delizia.

43 anni dall’approvazione della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg)

Sono trascorsi 43 anni dall’approvazione della legge sull’Ivg, ma ancora assistiamo a dibattiti e manifestazioni antiabortiste, in cui la gran parte delle persone non ha idea di cosa dica realmente la legge.
Facciamo chiarezza!
La legge 194/78 consente l’Ivg a tutte le donne che per motivi di salute, fisica e/o psichica, o per condizioni sociali, scelgono di non portare avanti la gravidanza.
Il tutto è gestito dal consultorio, che assiste la donna al 100% nel suo percorso di scelta (questa percentuale in realtà dipende molto dalla regione in cui si è residenti!), danno la possibilità, a questa ed al suo compagno, di soprassedere sulla decisione e valutare ogni alternativa.

Esistono vari modi per interrompere la gravidanza, in relazione all’età gestazionale.

Molti di voi avranno sentito parlare della pillola ru486 (pillola al mifepristone), anche conosciuta come “pillola abortiva” e troppo spesso confusa con la “pillola del giorno dopo”, che ha una funzione totalmente diversa.
La ru486 viene somministrata alle donne che rientrano nei primi 63 giorni di gravidanza, seguita poi dalla somministrazione di prostaglandine orali che consentono di ripulire l’utero.
È il metodo meno invasivo che esista e che consente alle donne di essere in ospedale per un tempo davvero minimo, con i dovuti controlli successivi.
Quando l’interruzione di gravidanza viene eseguita in età gestazionale più avanzata i metodi possono essere più invasivi, con l’eventualità della chirurgia, sempre passando prima per il metodo farmacologico più adatto alla condizione.

Nella legge per l’Ivg è previsto anche un articolo che parla dell’obiezione di coscienza

 L’obiezione di coscienza dà la possibilità al professionista, non concorde con la pratica, di non iniziare una interruzione di gravidanza, ma non lo esonera dalle somministrazioni farmacologiche successive alla prima e soprattutto dall’assistenza alla paziente in caso di urgenza o emergenza.
È fondamentale, dunque, che in ogni punto Ivg di riferimento, ci sia almeno un professionista non obiettore.
In Italia però, succede che il 69% dei ginecologi sono obiettori di coscienza, nella provincia autonoma di Bolzano arriva all’80%, per non parlare del Molise che raggiunge il 92%.
Anche gli operatori sanitari non medici raggiungono il 42% di obiezione di coscienza.
Questo fa sì che nel 35% delle strutture pubbliche italiane con un reparto di ostetricia e ginecologia, non è offerta l’Ivg per assenza di personale.
I motivi dell’obiezione di coscienza possono essere vari e non siamo qui a giudicare (io personalmente non sono obiettrice e lavoro in un posto in cui offriamo l’Ivg e, vi assicuro, sono moltissime le donne che incontro e assisto ogni giorno), ma proviamo per un secondo a metterci nei panni di quella donna o coppia che sta scegliendo di interrompere la gravidanza.
Credete sia così semplice?
Incontro donne di ogni tipo: dalla donna affermata che non vuole una gravidanza, la ragazza 18enne che non è pronta a diventare mamma, dalle coppie che ancora non hanno una stabilità economica e ancora le famiglie, casomai con già dei figli, che scoprono di aspettare un bambino con una forte disabilità (fidatevi esistono anomalie che hanno un’aspettativa di vita misera!).
E non immaginate quante di queste donne si sono sentite dire “potevi pensarci prima” oppure “è un figlio anche se disabile”.
Vi siete mai chiesti quanto faccia male una frase del genere detta con leggerezza?
Alzi la mano chi di voi, non ha mai fatto l’amore con il proprio fidanzatino, in preda alla passione, sfruttando il famoso metodo del salto della quaglia, più scientificamente conosciuto come coito interrotto…
Ecco, quel salto non sempre riesce benissimo!
La domanda qui non è “voi che avreste fatto al suo posto?” piuttosto “a voi, esattamente, cosa cambia se una donna interrompe una gravidanza?”.
Dobbiamo soffermarci proprio su questo:
ognuno di noi ha una storia diversa, alcune donne non hanno il coraggio neanche di raccontarsi, altre sono sovrastate dalla vergogna e dal senso di colpa e vengono in ospedale sperando che nessuno le riconosca.
Prima di arrivare alla legalizzazione, le donne hanno sempre scelto di interrompere le gravidanze, solo che lo facevano in modo orribile, in ambienti non sterili, con rischi di infezioni e morte, il film “Le Regole della casa del Sidro” lo racconta bene, e come questo tanti altri film e cortometraggi.
Le donne hanno lottato per vincere, per avere il diritto di scegliere legalmente ed alla luce del sole, senza rischiare di morire.
Stiamo assistendo ad una inversione di tendenza purtroppo, quindi ora sta a noi, donne e uomini, a fare la scelta giusta e combattere.
Alessia Viola
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